C’è un’impronta sempre. È il prezzo del corpo. Si mangia e si lasciano ossa sul piatto. Si cammina e la terra se ne ricorda.
Se si corre, addirittura trema la terra, e si può disturbare chi ha bisogno di silenzio.
Ci sono anche sentimenti più pesanti del corpo. La rabbia ad esempio riesce a raddoppiarci, piombo anche sull’anima, che così annienta dispute secolari sul suo esistere.
Si può voler essere più leggeri del proprio corpo e anche di qualsiasi nostra anima infelice. Onnipotente delirio qui in terra, e si può fin morire di questo desiderio di volare. Giovani. Palloncini sfuggiti alle nostre stesse mani.
E si può però decidere di camminar leggeri. Pieni di pensieri curiosi invece che sentenziosi. E vivere con la grazia delle stagioni a cui diamo quel che prendiamo, felici di esser custodi del giardino della Genesi.
Si vola di gioia. Assaggio di cielo. Però si deve stare attenti al sole. Mai perder di vista la terra. Scendere può essere duro.
E poi le cattive notizie volano, si dice. All’incrocio qualcuno distratto ha abbattuto un muretto. Più lontano un bambino è caduto. È vero, le cattive notizie volano. A volte viaggiano nel silenzio di un grido che aspettiamo e non viene.
C’è da aver paura di quel che è senza corpo qui sulla terra.
Avvenire, 9 maggio 2012
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