Come un contemplare.
«Vedere la grande capacità e rotondità del mondo in cui vive tanta gente così diversa» (S. Ignazio di Loyola).
E ci raggiunge la vita di tutti, lasciandoci storditi di tradimenti subiti, stremati di traversate con il sale sulle mani, con le gambe come sassi, in fila ad aspettare, e sabbia e cemento respirare, in corsa a scappare da nemici che son d’altri ma mi spingono da tutte le parti, e potrei morire per il troppo sentire, come ieri sono morti in venti, solo quelli che qualcuno ha contato, ma son molti più, e lo so come si sa la vita tutta intera, se solo la si ascolta e non si scappa, per non trovarsi commossi per eccesso di mondo, che arriva forte e chiaro come un grido nella sera e turbati da una tenerezza che non sa la vergogna, felici di sentire come si sente con il corpo nell’amore che ogni vita è la mia vita e non c’è felicità possibile se il mondo intorno a me si apre e sprofonda e così, non per un attimo che passa, non per solo sentimento e nemmeno per comandamento, ma perché ovunque noi siamo anche tutti quelli che incrociamo oppure sono da qualche parte e siamo fatti un po’ più divini, nel portare.
Un vedere ci trasfigura e non si sa come, l’allegria diventa nostra, e un po’ anche di tutto il mondo.
Avvenire, 31 maggio 2012
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