Per amore si torna ancora e poi ancora e poi di nuovo a frequentare la stessa persona, a ripercorrere luoghi di cui sappiamo colori e ombre, a riascoltare parole che potremmo ripetere a memoria più di una preghiera cara dell’infanzia, alla ricerca di quel nucleo di luce che promette ogni volta uno stupore diverso.
Qualcosa di molto simile all’amore sembra portare Chiara Frugoni a regalarci ora un nuovo libro, tessuto con passione intorno a quella storia straordinaria che ha visto insieme San Francesco e Santa Chiara in un’avventura spirituale che non finisce di parlare alla nostra vita di uomini e donne. Storia di Chiara e Francesco, uscito in questi giorni da Einaudi, viene dopo una quantità di saggi, interventi, studi che Chiara Frugoni ha già dedicato sia a San Francesco e Santa Chiara, sia al “tempo del pressappoco” come ama chiamare nel testo il Medioevo, in cui un anno può anche essere quello prima o quello dopo, quasi un anticipo dell’unico tempo eterno che San Francesco sapeva essere la promessa di Dio al mondo.
E così con la spigliatezza che le arriva da una conoscenza meravigliosa di documenti, fatti, luoghi e persone, l’autrice segue le strade di Chiara e Francesco non ancora santi (ma per poco, saranno santi subito, entrambi due anni dopo la morte). Lui in spontanea e precocissima lotta contro i “chiusi pensieri di profitto e guadagni” del suo ambiente familiare, dentro un clima cittadino di pesante lotta fra la sua classe, quella degli homines populi, e la classe dei boni homines, nobili, potenti e inaccessibili, “da odiare ma anche da ammirare”. E ancora segue Francesco dopo la battaglia di Collestrada, rinchiuso nell’atroce prigione di Perugia, circondato da feriti per i quali “la morte non riesce a venire”. E poi nei molti scontri tremendi e necessari: con il padre, con i concittadini, con se stesso, in una tormenta di umanissimi slanci e abbandoni e ritorni, fino alla solitudine nella quale incontra insieme Dio e l’uomo. Dio per l’uomo.
E una nuova storia nasce, e nulla è più come prima, e Francesco, ora in buona compagnia del suo Signore, mostra con la sua bizzarra e mai vista comunità di laici e chierici e nobili e colti e illetterati, che il Vangelo può essere messo in pratica davvero. Intanto Chiara bambina cresce e le fonti dicono che prestissimo si interessò a quel che capitava intorno a Francesco, fino agli incontri con lui, alla vocazione, alla fuga e alla nascita della sua comunità a San Damiano. In tutto simile a quella di Francesco: povera, a servizio degli uomini, con la straordinaria novità delle sorores extra monasterium servientes, sorelle attive fra gli uomini e le donne del mondo, testimoni del Vangelo come i frati di Francesco, con la stessa libertà.
È libertà la parola che Chiara Frugoni ci consegna come sigla di questa storia. In una società costretta nella lotta per il potere e per il denaro i fratelli di Francesco e le sorelle di Chiara rifiutavano ogni onore, avevano in odio il potere, supplicavano il pontefice per conservare il “privilegio della povertà”. Una purezza implacabile arrivava loro dal Vangelo e diventava volontà fermissima di costruire “un modello di comportamento che pacificamente si contrapponesse a quello in auge e che pacificamente lo scardinasse”. Pacificamente, rinunciando anche alla violenza implicita in ogni giudizio, liberi anche dalle sante attese: “E nel Signore amali. E non pretendere che siano cristiani migliori”, scrive Francesco a un ministro suo confratello turbato da chi lo accusava ingiustamente. Fu la stagione degli inizi, alleanza inimmaginabile fra terra e cielo. Prestissimo venne il tempo degli accomodamenti a cui la storia sempre obbliga.
Certo la lettura insieme rigorosa e combattente di Chiara Frugoni può fare nascere qualche critica, come accade sempre quando l’amore per una persona o una storia è condiviso con molti. Perché l’amore è spesso geloso.
È forse vero che l’esito della vicenda di Chiara, la clausura stretta decretata nel 1263 da Urbano IV, somiglia molto a un umano fallimento. Ma non sempre gli esiti diversi da quelli attesi son fallimenti. Chi crede può ben riconoscere nella vita nascosta delle clarisse la potenza carsica di una beatitudine ugualmente profetica.
È invece difficile negare che la battaglia per la povertà sia stata un vero fallimento, visto lo scandalo che ancora oggi la ricchezza della chiesa rappresenta agli occhi del mondo. Eppure anche qui la fede salva dall’amarezza pur nella determinazione della verità da affermare. Ecco quel che scrive Santa Chiara ad Agnese di Boemia, a capo del monastero di Praga, a proposito della loro comune lotta con le autorità religiose per la difesa del privilegio di essere povere: “Con corsa spedita, passo leggero, piede sicuro, in modo che i tuoi passi non sollevino polvere, avanza sicura, gioiosa e vivace, sul sentiero di una pensosa felicità”.
La Repubblica, 14 novembre 2011