fragile leonessa

Isabella D’Este ha sedici anni quando arriva a Mantova, sposa di Francesco II Gonzaga. È il 1490. Quattro anni dopo Carlo VIII inizia la lunga serie delle orrende guerre che rivolteranno l’Italia costringendo i piccoli ducati e le signorie a vorticosi cambi di alleanza e a impensati servaggi. Fra questi c’è il Marchesato di Mantova,

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donna, madre, prigioniera

Quando nel 1906 pubblica Una donna, Sibilla Aleramo ha trent’anni e almeno quattro vite sulle spalle.1 La «fanciullezza libera e gagliarda» di cui parla all’inizio del romanzo che, al di là dei necessari scostamenti narrativi, è una trasparente aspra autobiografia dei sentimenti e delle emozioni. L’età bambina è trasfigurata dal sogno, non perfetta certo, ma avvolta

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la “passione” di un bambino

«In quella storia di sangue e corpi nudi che è la vita degli uomini» Pin viaggia con la furia senza pace di chi sente che ha una sua vita da vivere e che è ingiusto che il mondo ne faccia scempio. Schiacciato nel suo ruolo di fratello di una prostituta, che peraltro mezzo di quel

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così la scuola mette in rete la convivenza

Difficile trovare qualcosa di intrinsecamente sconveniente nell’irruzione dei social a scuola. Nei social si entra (molto moltissimo) ed esce (pochissimo) con precisi gesti volontari. Si interagisce per (libera) scelta. Si scrive in prima persona, nessuno prende il nostro posto. Le relazioni al tempo dei social non sembrano pretendere regole speciali rispetto alle altre forme di

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