Tornare indietro sulle orme di tutti i passi di chi abbiamo incrociato e cercare dove ci siamo abbandonati o persi e non poter ricordare perché. C’era un amore, e i figli erano bambini, questo mi raccontano orme piccole e leggere, che a intervalli spariscono. In braccio i piedini pattinano l’aria e non lasciano segni.
Poi troviamo orme che si allontanano e lo abbiamo lasciato accadere e qualche volta ce ne siamo andati noi, per curiosità, per libertà, per necessità. Per incapacità.
O forse è arrivata una bufera, ci ha dispersi e abbiamo pensato che fosse per sempre, e non ci siamo cercati. Bufera di dolori, di rancori, forse coltivati, per nasconderci la pena di non vedere il nostro bene, contrada stretta, con poche orme a far da guida.
A volte la bufera è stata di altri amori. Una nuova strada, trovata oppure solo immaginata, e come potevamo sapere che presto i passi sarebbero stati un errare di qua e di là, e che paura, non saper tornare.
Ma è bello nel pensiero di una sera chiara, dopo il giorno inquieto oppure abbagliato, con gli occhi cercare fin molto lontano le orme di quanti ci hanno dato, amato o anche appena sopportato. Ci hanno permesso di essere quel che siamo.
E così più liberi andare verso tutto quel che ancora noi possiamo.
Avvenire, 17 giugno 2012
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