La vita accanto

«Una bambina brutta è grata a tutti per il bene che le vogliono, sta al suo posto, ringrazia per i regali che sono proprio quelli giusti per lei, è sempre felice di una proposta che le viene rivolta, non chiede attenzioni o coccole, si tiene in buona salute, almeno non dà preoccupazioni dal momento che non può dare soddisfazioni.
Una bambina brutta vede, osserva, indaga, ascolta, percepisce, intuisce; in ogni inflessione di voce, espressione del viso, gesto sfuggito al controllo, in ogni silenzio breve o lungo, cerca un indizio che la riguardi, nel bene e nel male. Teme di ascoltare qualcosa che confermi quello che sa già, e cioè che la sua esistenza è una vera disgrazia. Spera di sentire una parola che la assolva, fosse pure di pietà.
Una bambina brutta è figlia del caso, della fatalità, del destino, di uno scherzo della natura. Di certo non è figlia di Dio».

Rebecca è nata irreparabilmente brutta. Sua madre dopo il parto non l’ha mai presa in braccio e si è sigillata in se stessa. Suo padre ha lasciato che accadesse. A prendersi cura di lei, la bella e impetuosa zia Erminia, il cui affetto nasconde però qualcosa di tremendo. E la tata Maddalena, saggia e piangente, che la ama con la forza di un bisogno. Ma Rebecca ha mani perfette e talento per il pianoforte. L’incontro con la «vecchia signora»De Lellis, celebre musicista da anni isolata in casa, offre a Rebecca uno sguardo nuovo sulla storia di dolore che segna la sua famiglia, ma anche la grazia di una vita possibile. La vita accanto racconta la nostra inettitudine alla vita, da cui solo le passioni possono riscattarci. Con una scrittura limpida e colta. Con personaggi buffi e veri, memorabili. Con la sapiente levità di una favola.

«Eccezione luminosa, in tanto frastuono di tetro splendore femminile, una bambina brutta, molto brutta, quasi deforme, esiste; è portatrice di una diversa, invisibile, profonda bellezza, ed è una invenzione letteraria, la protagonista di La vita accanto, il bel romanzo d’esordio, Premio Calvino 2010, di Mariapia Veladiano».
Natalia Aspesi, «la Repubblica»

«Un libro che sorprende per il piglio della narrazione e per la lingua raffinatissima».
Valeria Parrella, «Grazia»

«Il romanzo brilla per uno stile elegante, capace di precipitare il lettore in una storia
al tempo stesso surreale e plausibile».

Lara Crinò, «il Venerdì di Repubblica»

«Questa è un’opera matura, sapiente, memorabile per la sagacia che ostenta nel trovare uno sbocco coerente a tante biografie intrecciate, e per l’altezza che attinge nel narrare la catastrofe, la tragedia e il miracolo. Ma il libro non è la storia di una donna brutta che diventa bella. Bensì di una donna che, dal mondo dove tutti, compresa lei, la sentono come brutta, si costruisce un mondo su misura, dove tutto viene ricalibrato. Perfino la coppia. Perfino la maternità».
Ferdinando Camon, «ttL»

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