A volte la vita trabocca. Su di noi, con noi, attraverso di noi. Allora arriva la gioia, che ci prende e ci solleva in alto, sguardo largo sul mondo, sopra la fatica, che certamente o forse ritroveremo, ma sarà parte del nostro camminare, non avrà più il peso del tutto. Non sempre si vede da dove arriva, può essere un lampo, vita che illumina altra vita, oppure un lento costruirsi di minuscoli eventi, parole date e ricevute, attenzioni, incontri che non manchiamo, risposte dalle quali non scappiamo. E l’ultimo di questi frammenti, per caso, senza apparire in alcun modo, ricompone la nostra storia.
Improvvisamente la vita basta a se stessa, non c’è attesa vaga di un oltre. Un nascere nuovo che non sa la sua ragione ma sa di aver valore. Non una qualsiasi felicità d’ombra e polvere, come ci capita di vivere, intravvedendo già il suo confine. Magari cercata, inseguita e poi scappata. C’è una gioia che non ha prima e dopo. Non ricorda nulla della pena dei giorni, ma solo, per lo spazio di quello sguardo largo sul mondo, solo l’incanto di esser parte di una cosa buona. Molto buona. Sentire che tutto può essere coltivato, come una vita appena nata.
La gioia è scoprirsi parte della creazione. Creatori anche noi.
La gioia è scoprirsi parte della creazione. Creatori anche noi.
Avvenire, 8 aprile 2012
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