L’esser di moda li ha turbati. Tirati ora di qua e ora di là, quasi spiumati come margherite a cui si chiede mi ama o mi amerà.
Tutto il chiasso che si fa quaggiù, chissà se li ha distratti un po’ da chi li ha voluti, lassù. Voce di cura, che non si lascia certo confondere, ma se si vuol credere che ci si somigli, è meglio evitare il troppo interrogare.
Vanno e vengono come le nuvole chiare, senza mappa in cielo come in terra. Il loro è un far la ronda, con in fondo al cuore un piccolo, sospeso, fulgore. Affetto che brucia e non può restar segreto, come gli amori, come i nostri amori.
A bene ascoltare, li si sente vegliare, e a volte anche correre in grande affanno. E se non arrivano in tempo, anche un po’ singhiozzare. Chissà. Troppo stanchi per volare. Forse qualcuno è in ritardo perché aveva bisogno di dormire.
C’è chi non ci crede, anche fra quelli che li appendono ai muri e li collezionano in ceramica.
Ma senza di loro niente Annunciazione, né salvezza in Egitto per la famiglia divina, e chi avrebbe mangiato sotto l’albero con Abramo?
Siamo certo liberi di dubitare, ma come si legge nel libro di Tobia, sarà bello poi scoprire, fosse solo alla fine della vita, che uno degli arcangeli ci ha accompagnati, e che anche noi per gli altri un po’ arcangeli siamo stati.
Avvenire, 13 giugno 2012
Nessun commento