raccontare

C’è stato un tuo antenato, un bis bis bis antenato, si è sposato ormai già vecchio, quasi non ci credeva che ancora potesse capitare, qualcuno dice che gliel’abbiano procurata la tua bis bis bis antenata, di certo quel giorno, raccontano, cantava. Ma i figli sono arrivati, una covata come allora succedeva. Tre andati presto in cielo, come foglie portate, due in guerra, uno rimasto sottoterra, straniera.
Troppo dolore si può pensare. Ma il filo ancora c’era, e anche la cosa nuova, la cosa vecchia e i fiori per l’altare.
E molti nomi fu necessario assegnare, i più ricordavano gli angeli custodi già partiti, per non dimenticare. E si coltivavano le viti accoppiate ai pioppi, perché nulla andasse perduto della festa che ci aspettava.
Poi venne ancora la tempesta e qualcuno scappò, qualcuno rimase, i più furono presi, o silenziosi, ma nuovi patti furono stretti. Chi portò il pane, chi lavorò calzetti per la neve, chi mangiò messaggi, come il santo profeta col rotolo divino. E anche l’ira fu santa, verso chi aveva in odio la vita, e questi e gli altri trovarono salvezza.
Qui sei nato tu, un nome nuovo ti chiama e tutto è riconsegnato, mai perduto, e le storie che puoi raccontare possono alzare argini all’offesa e di nuovo ancora permettere di cantare.

Avvenire, 23 maggio 2012

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